L’opera di Aida Guardai è una continua ricerca verso uno stato di delicatezza visiva e dei sensi, un viaggio continuo per tentare di fermare sulla tela la tenerezza che l’essere umano, spesso suo malgrado, è capace di suscitare. La pittrice è altamente simbolica nella sua arte, la voglia di comunicare un leggero stato di malinconia dei personaggi che ritrae è palese fin dai primi istanti in cui ci fermiamo, con un potente stato di elevazione dei sensi, ad osservare le sue creazioni. Ma non si tratta di una forma di infelicità che sconfina nella vera e propria depressione, né di una tecnica atta a dipingere ansie e tormenti dell’essere umano. Aida indugia in una apparente condizione di mestizia semplicemente per riportarci in contatto con noi stessi, con il nostro ego più profondo, con la nostra anima. La capacità di sciogliere la nostra rigidità mentale e omologazione dell’intelletto di queste opere è notevole. Il connubio tra emozioni e natura circostante è altrettanto palese. Chi ammira i quadri di Aida Guardai si alterna, piacevolmente, tra sensibilità e sensualità, fino ad arrivare ad un allegorismo che, attraverso il nudo, rimette e riconsidera l’uomo nell’ottica più corretta, ovvero quella di una creatura fragile, per nulla immune dal dolore. Un essere umano desideroso di ritrovare un contatto con quella natura che lui stesso ha ridotto ad un mero accessorio della sua spesso vuota esistenza. A prescindere dalla grande eterogeneità dell’opera di Aida, quest’ultima non pone enigmi a chi osserva, non costringe a pensare né vuole urtare la nostra sensibilità, al contrario, avvicina il timido o apatico futuro spettatore della sua arte, lo invita con grande gentilezza ad entrare nel suo mondo fatto di grazia, di colori, di passione ma soprattutto di tanto sentimento. Visitare una mostra di questa pittrice è come essere ospiti di una premurosa padrona di casa, magari in un villa isolata, in campagna, dove gli elementi della natura ci conducono nel nostro alter ego onirico, mentre le nostre ansie si disperdono in sguardi che non possiamo dimenticare e che vorremmo avere sempre vicino a noi, nella nostra stanza, nei pressi della più genuina e sensuale intimità. Tramutare immagini in poesia non può che essere il mio unico compito, sebbene aperto ad ogni possibile interpretazione e contestazione. La sensibilità nell’arte deve essere la prima regola, che meglio posso rappresentarla nel concetto di “rispetto”, perché l’Arte nasce per l’uomo, per la sua intima necessità di andare oltre l’ovvio, il materiale, il trito. E se l’Arte nasce per l’essere umano, a questi deve sempre tentare di ricongiungersi con delicatezza, come un leggero vento primaverile, che smuove, ma non aggredisce; apre, ma senza ferire. Immaginiamo questa pittrice mentre dipinge le sue opere, sentiamo il calore del suo pennello, che a contatto con la tela sprigiona vapori ancestrali, sublimazioni di intelletti ammorbati.
Ascoltiamo l’incedere deciso di tratti passionali e nostalgici, come se non stessimo semplicemente ammirando le opere di un pittore, anzi, sentiamo tutta l’empatia possibile e percepiamo i sentimenti che hanno partorito quadri che, inconsapevoli viaggiatori del tempo, saranno testimoni di cambiamenti che a noi sarà concesso a malapena immaginare. Non poniamoci troppe domande, perché le risposte ci arriveranno senza dolore, ma decise, capaci di lasciare un segno colorato in un arcobaleno di anime. Arriveranno, come sicure pennellate, quelle di un’anima che vive per immaginare. E crede ancora, nel grande potere di un viso che sprigiona calore.
Andrea Mucciolo – 6 febbraio 2011, Ardea (RM)